Teatro dei Sassi
presenta

A-mòr

special alternate version

ispirato al romanzo di
Elio Vittorini ‘Uomini e no’

testo e regia ‘standard’
Massimo Lanzetta

esecutori
(quelli che chiamavamo
un tempo ‘attori’)

Luciana Paolicelli
Nadia Casamassima
Andrea Santantonio
Giovanna Staffieri
Antonella Mazzei
Luca Acito
e la piccola
Seta Lanzetta

testimoni
(quelli che chiamavamo
un tempo‘ spettatori’)

15 persone

cura delle musiche
cura della luce
Massimo Lanzetta

 

non si può vivere di ricordi, del passato
ho pianto dentro nel tutto, in tutto
chi siete voi? chi siamo noi?
e io? dove mi trovo, dove mi porti?
davanti ai tuoi occhi
vedi passare la vita il nascere
il vivere, il morire
ho visto braccia staccarsi da una croce
e diventare ali di farfalla
se le suoni è la musica
di una viola che senti
ho letto poesie scritte con i corpi
io dentro e fuori
vi tocco con lo sguardo
ho visto una donna
che disfaceva una valigia
corpi che mestamente
abbandonavano le loro vesti
e si accingevano a morire
fotogrammi di uomini e donne
vagoni di un treno vivente
finestre aperte sulla vita
per la prima volta ero fuori
e per la prima volta avrei voluto
che ci fosse qualcuno con me
qualcuno di estraneo a guardare
a rassicurarmi che davvero
tutto stesse accadendo
vorrei ci fosse qualcuno
ad alzarsi con me
ad alzarsi
ad alzarsi con me
ad alzarsi per me

Nadia, mi regali un giglio?

Dalle lettere dei testimoni scritte al termine di ‘A-mor’ (alternate version n. 9)
Matera, 26 maggio 2005

Cosa abbiamo da dire ancora di compiuto? Quale certezza abbiamo da comunicare? Non sarebbe meglio abbandonare il concetto di ‘spettacolo’ come esposizione di un pensiero, sia pure complesso e irrisolto, trasformandolo in una riflessione viva, sul corpo dell’attore, alla presenza non più di ‘spettatori’ ma di ‘testimoni’, in divenire e fino in fondo?
‘A-mòr’ è un’azione prolungata, una ricerca teatrale incessante, vitale, dell’Amore. A-mòr significa ‘amore’, ma anche ‘ io muoio ’ : morire per risorgere. Alla presenza di un numero limitato di testimoni, ogni sera prende corpo l’azione, ogni esecuzione aggiunge qualcosa all’Amore che tiene in vita esecutori, testimoni, e il mondo di fuori. Questo in un luogo vuoto, inesistente, che riusciamo ancora a definire Teatro, luogo di morte e di resurrezione. Eseguiamo ‘A-mòr’ come un’esecuzione live di jazz (a volte in stile Be-bop, a volte in stile ‘free’, dipende dalla serata, dallo stato d’animo degli esecutori), dove il tema standard è il testo da noi tanto studiato e amato ‘Uomini e No ’ di Elio Vittorini e le improvvisazioni il corpo musicale vivente (live) di quell’azione.
Sottotitoliamo quindi ‘A-mòr’ con il termine ‘Alternate version ’ , come in Giant Steps di Coltrane e in altri dischi jazz, dove si ascoltano versioni diverse dello stesso brano, e le numeriamo di volta in volta con il numero progressivo delle ‘repliche’ , che da ora in poi chiameremo ‘versioni’).
Arriviamo ad ‘A-mòr’ dopo dieci anni di percorso in un teatro italiano dalle strade strette e contorte, piene di buche e dossi. A questo punto fermiamo la bicicletta, scendiamo, e guardiamo il panorama: campi di grano, falchi grillai, cielo terso, ma anche invasione di cavallette e chiusura dei salottifici. Scendiamo e ammiriamo il mondo che ci circonda; sentiamo di essere ciascun chicco di grano non comprato dalla Barilla che a Matera chiude. Sentiamo di appartenere alle nostre vite e di essere presenti in ciascuna delle vite che riconosciamo, uomini, donne, animali, cose. Ecco perché trattiamo così i nostri testimoni: che si sentano parte di noi, che sentano noi parte di loro.‘Uomini e no’ è il nostro vestito nuovo, l’abito della festa. Di questo ci vestiremo, anche per andare ai nostri funerali. È un abito rosso, ma non è appeso più dietro alla porta della camera di Enne 2. Abbiamo avuto l’ardire-ardore di vestire ‘A-mòr’. Che i testimoni, nell’indossarlo, provino la stessa nostra emozione. E ci sostengano dicendolo in giro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si ringraziano:gli allievi del primo e del secondo anno della Scuola di Teatro Naturale del Teatro dei Sassi,  tutti i partecipanti ai diversi laboratori tenuti a Matera e provincia sul tema ‘A-mòr’, i partecipanti al laboratorio tenuto a Benevento nell’ambito del Festival diretto da Ruggero Cappuccio, per aver inconsapevolmente contribuito e in parte finanziato la ricerca in corso, Pippo Delbono per aver realizzato lo spettacolo ‘Urlo’, il Workcenter di Thomas Richard e Jerzi Grotowsky per il loro insostituibile esempio, John Coltrane per averci lasciato  ‘A love Supreme ’, Gesù, per le sue parole riportate dal Vangelo apocrifo di Tommaso,  l’Ente Teatrale Italiano e il governo attuale di questo paese per averci invogliato a scendere dalle biciclette, Seta Lanzetta, per averci insegnato cosa e come fare.