regia: Massimo Lanzetta
drammaturgia: Cristina Gualandi
macchina scenica, oggetti e disegno luci Paolo Baroni

con
Luciana Paolicelli ‘a Signora
Rita Felicetti Pulcina
Silvio Signore Mister X
Cico Bruno Mister Y
Antonella Mazzei Chef
Giovanna Staffieri Le voci di dentro

musiche a cura di Massimo Lanzetta
i brani ‘Labirinto’ e ‘Il bosco’ sono del Quartetto Zappalà
movimenti della macchina: Cico Bruno e Silvio Signore
tecnico luci: Antonella Mazzei
tecnico del suono: Giovanna Staffieri
organizzazione: Luciana Paolicelli
foto di scena: Marco Caselli
trasporti e noleggio materiali: Teatro dei Sassi
si ringraziano:
Bruno Leone, Paolo Comentale e la ‘Casa di Pulcinella’, il Teatro Duni di Matera, Pasquale Cantore, Chiara Chietera Signore, Elina de Zordo.

durata: 50’

La storia che vi vogliamo raccontare (ispirata alla fiaba Pulcino, ovvero Pollicino nella versione della Terra d’Otranto) è quella di una bambina che, gettata di fronte alla necessità di affrontare la vita, si trova all’improvviso ad abitare quella soglia che è un aut-aut, dalla quale o si va avanti o si va indietro, e se si va avanti si diventa ‘grandi’.
In ogni fiaba ciò che è raccontato si dà in un mondo di incanto, ma ciò che ‘realmente’ accade, è una trasformazione invisibile, una crescita, un mutamento di stato interiore. Con l’abbandono dei bambini nel bosco, il loro incontro con la notte e con l’orco, la fiaba che abbiamo scelto ci racconta dell’incontro con la morte e della rinascita a una nuova vita. Abbiamo inteso questo incontro con la parte oscura della vita, come un vero e proprio percorso di iniziazione per Pulcina, come una strada da percorrere e sulla quale fare un certo numero di incontri o di ‘prove’. Così abbiamo dilatato e approfondito il centro della fiaba tradizionale, e il bosco che Pulcina insieme ai suoi fratelli deve attraversare l’abbiamo inteso un po’ come il labirinto attraversato da Teseo.

Questo perché il Labirinto è una materializzazione per noi molto affascinante e molto precisa del processo di iniziazione: è uno ‘spazio interno’ isolato rispetto all’ambiente circostante, con un unico ingresso che è anche uscita (soglia); è un percorso che non lascia alcuna scelta, nella quale chi vi persevera arriva alla meta; al centro del Labirinto si è soli con la propria realtà interiore, le proprie paure, il proprio mostro, e da esso si esce come rinati in una nuova fase dell’esistenza perché al centro hanno luogo appunto una morte e una rinascita.
Nel bosco-labirinto dove si trova a camminare, spinta dalla necessità di andare avanti da una forza naturale come il respiro (il Vento), Pulcina incontra progressivamente se stessa incontrando la propria condizione di ‘creatura’, ovvero incontrando la personificazione dei cinque sensi. Con essi Pulcina dialoga, da essi viene tratta in inganno, e di essi si impossessa anche grazie alla propria astuzia: Pulcina è creatura, ma creatura intelligente. Dall’incontro con l’orco (la Morte) Pulcina si troverà dunque rinata diversa, e porterà la storia al suo finale più naturale: una nuova partenza, verso la realizzazione piena della gioia di vivere… e di viaggiare davvero.

La storia è narrata a due voci, in un dialogo che è avvicinamento, allontanamento, scontro diretto o indiretto, che è sfida tra le due forze elementari eternamente in lotta: la Vita e la Morte. La Morte (‘a Signora) e i suoi scagnozzi incalzano Pulcina, una bambina che nella nostra messinscena ha caratteri riconducibili, anche se non esclusivamente, al sud d’Italia. E’ una bambina molto adattabile, ha una grande astuzia, è capace di intuizioni e insieme di incantamenti, è superstiziosa (ma non solo perché ha una piccola gobba sulla schiena) ed ha infine un carattere che rende questo personaggio ‘teatrale’ in un senso antico, che la riconduce al mondo delle maschere della Commedia dell’Arte: Pulcina ha una fame più’ grande di lei, ha una fame atavica e che la precede, e che a volte in lei parla, naturalmente come la fame può’ parlare in una bambina. Per questi motivi (ed anche perché nel finale della fiaba della Terra d’Otranto Pulcino va a Napoli a fare il corriere con gli stivali delle sette leghe conquistati dall’orco) abbiamo sentito una speciale vicinanza tra la piccola e furba Pulcina e un Pulcinella ancora non definito o forse più arcaico, insomma una risonanza, una radice di questa maschera nei territori del fiabesco.

Lo spazio della storia è uno spazio di paura e di scoperta, è uno spazio mutevole, e come uno spazio interiore ha contorni sempre in movimento perché mossi da forze sconosciute alla coscienza e che non si lasciano facilmente governare.
Perché lo spazio scenico è in gran parte occupato da una macchina teatrale ‘volubile’, che insieme avvolge e sovrasta la piccola Pulcina. Una macchina che grazie alle sue possibilità di metamorfosi può evocare spazi esterni ad essere bosco, teatrino dei burattini, spazi interni ed essere casa, cervello, stomaco e infine spazi in movimento per essere giostra e grande barca.
Cristina Gualandi.